Le parole sono importanti, la democrazia anche (ma guarda se devo dirlo io)

La sentenza della Corte Suprema non cancella il diritto all’aborto negli Stati Uniti, come si affannano a dire certi telegiornali; e infatti la sua reale importanza non è questa.

L’importanza di quella sentenza sta invece nell’affermare che il governo federale non può permettersi di dire agli Stati, e quindi ai rappresentanti eletti dal popolo, come devono legiferare. L’aborto non ha alcuna base nella Costituzione americana, quindi non è qualcosa che il livello federale possa imporre ai livelli statali, tanto meno per via giudiziaria.

Eppure la notizia è data in tutt’altri termini. Continua a leggere “Le parole sono importanti, la democrazia anche (ma guarda se devo dirlo io)”

Woke: Senzatetto

Indice

Introduzione

Le note in [] sono mie 

.

1) Peccato Originale

* Capitalismo

* Proprietà privata

2) Demoni colpevoli

* Politici che fanno chiudere luoghi in cui apertamente si traffica e si consuma droga (“accampamenti di senzatetto”) [vedi oltre]

* La polizia

3) Miti  Continua a leggere “Woke: Senzatetto”

Armi e cuori

Un modo concreto per dare una mano all’Ucraina (a parte pregare) è una donazione ad Avsi, che in Polonia e Romania potrà aiutare i profughi. Immagino che ci siano anche altre iniziative, ma io conosco questa.

AVSI
Emergenza Ucraina. #HelpUkraine

.

Ho capito questo: non solo nessuno si aspettava che Putin attaccasse, ma nessuno credeva che l’Ucraina avrebbe resistito.  Continua a leggere “Armi e cuori”

Non me lo perdonerei mai…

Non me lo perdonerei mai, se domani scoppiasse davvero una guerra e io non avessi scritto in chiaro ciò che è sotto il naso di tutti ma che in quel caso nessuno si ricorderebbe.

Perciò lo scrivo in chiaro: finora i soli a parlare di possibile guerra in Ucraina sono stati gli americani.

Lo dico perché mi tocca sorbirmi tre telegiornali al giorni, se non quattro, e la mia considerazione è puramente comunicativa.

Da una settimana i nostri telegiornali ventilano l’ipotesi bellica, prima annunciando che i russi potrebbero, oh disdoro!, attaccare durante le Olimpiadi, poi facendoci sapere, venerdì, che l’intelligence americana sa perfino la data, il 16 febbraio 2022. Ma non c’è mai stata una qualche affermazione di stampo guerresco da parte dei russi, a parte che stanno facendo esercitazioni con 150.000 uomini vicino al confine. Gli americani avranno forse imparato dal dittatore nordcoreano, a fare ‘ste uscite: anche lui reagisce così quando sono le corazzate statunitensi a fare esercitazioni davanti al suo Paese.

(Naturalmente ciascuno è libero di ipotizzare il perché di una comunicazione così, come dire, monolaterale.)

Pare addirittura che in Ucraina fino a domenica il governo non sapesse niente di quella fatidica data, mentre i giornali ne sono stati informati prontamente.

D. Venerdì sera si è saputo di presunte intercettazioni che avrebbero consentito a Usa e Nato di prevedere un imminente attacco russo, perfino cerchiandone la data sul calendario. Sono informazioni attendibili?

R. Gli ucraini dicono di avere informazioni diverse. È chiaro che qui c’è una guerra di informazione e psicologica da cui è difficile tirar fuori la verità. Non capisco però perché questa notizia è arrivata alla stampa e non sarebbe arrivata agli ucraini.

TERZA GUERRA MONDIALE/ “Putin non la vuole, ma la sua vera carta è la Bielorussia”, intervista al professor Paolo Quercia, Il Sussidiario, 14 febbraio 2022

Già. 

La cosa più dolorosa però non è questa, è un’altra: 

[…] Il rischio vero è che capiti un incidente sulla linea di contatto.

Ecco, cosa succederebbe?

Ci sono soldati che sono mesi che sono lì, che sono stressati, che soffrono il freddo, un incidente di un militare anche di basso grado che interpreta male un ordine farebbe scattare una serie di procedure che portano inevitabilmente alla risposta militare. Questo è il grosso rischio.

TERZA GUERRA MONDIALE/ “Biden-Putin, ecco l’incidente che può provocare la tragedia”, intervista al generale Giorgio Battisti, Il Sussidiario, 15 febbraio 2022

Dico: «una serie di procedure che portano inevitabilmente alla risposta militare»: una guerra che comincia perché esistono delle procedure.

Ecco, questo è grave, molto più che l’esistenza della guerra in sé o di nazioni che vogliono farsi i fatti propri (gli Stati Uniti quanto la Russia di Putin, non certo di meno).

Tutto si può migliorare, se c’è volontà e libertà; ma una civiltà che arriva a scatenare guerre in automatico è una civiltà finita. 

Perché “grandi” elettori?

Nella confusione delle ultime settimane, i giornalisti sembrano aver trovato una specie di salvagente nell’impiego estensivo dell’espressione “grandi elettori”, vale a dire i senatori e deputati e rappresentanti delle Regioni che hanno il compito di votare il nuovo Presidente della Repubblica Italiana.

L’espressione probabilmente ci ha stuccato un po’ tutti e ci sentiamo maldisposti verso tanta insipienza; ma bisogna esser giusti.

Non discuto che sia stucchevole, specie sentirlo ripetere ogni sette parole; devo però riconoscere (e quindi far sapere) che l’impiego di “grandi elettori” non è, come l’irritazione mi aveva indotto a credere, l’ennesimo appiattimento sul gergo statunitense.

A parte che semmai sono gli Stati Uniti ad aver copiato qualcosa di qua, usando il termine Electors, in italiano l’espressione “grandi elettori” esiste da tempo.

In teoria, avremmo dovuto sentirne parlare a scuola, quando si studiava il Sacro Romano Impero. Anche in giornalismo politico, comunque, non è una novità di questi giorni.

.

Ma perché “grandi”?

A livello storico, non lo so ancora, poiché il termine originario in realtà è solo “”Elettori”; i principi elettori.

So invece come mai lo impiegano adesso.

Adesso lo impiegano perché i “piccoli” elettori siamo noi.

Il termine “grandi elettori” è stato usato per i principi elettori, poi è stato impiegato per indicare persone che erano in grado di muovere voti e far eleggere questo o quello: delizie della democrazia. Adesso si usa per indicare persone elette dal popolo che a loro volta eleggono qualcuno.

Insomma, è una questione di concentrazione: si pensa che i “grandi” elettori, essendo espressione del popolo, siano la somma di quel popolo.

Tutte bubbole, naturalmente, ma la teoria fila.