Il 30 aprile 2024 leggo in Facebook un post che contiene un errore talmente sottile da essere per molti impercettibile; non sono nemmeno sicura di riuscire a esporlo come si deve. Eppure è un errore grave.
Il post è questo:
Ne riporto il testo per comodità, ma l’immagine è fondamentale.
Andamento dell’anomalia della temperatura media giornaliera dall’inizio dell’anno, ottenuta con i dati registrati dalla mia stazione meteo. Sapete qual è la domanda che mi pongo? Quanto tempo dovrà passare per avere una fase con temperatura sottomedia con un’intensità pari a quella che si è appena conclusa? E sapete perché è questa la domanda? Perché periodi più freddi della norma di tale portata sono gli unici capaci di attenuare le anomalie positive, i cui picchi sembrano rincorrersi.
Crediamo che faccia freddo quando appena si rientra nelle medie del periodo, pensiamo che il caldo anomalo sia normale perché non lo percepiamo come tale e quando si presenta una fase fredda allora il riscaldamento globale non esiste. Diamo importanza alle sensazioni e ragioniamo con la pancia. I dati, intanto, continuano a tracciare la strada per chi ha voglia di capire e di riflettere.
.
La prima parte del testo è impeccabile. Impeccabile. Per compensare quei picchi di calore ci vorrebbero altrettanti picchi di freddo e invece non ce ne sono. Perciò si parla di “riscaldamento globale”: perché quello è. Le cause sono un’altra faccenda, il riscaldamento è lì e non c’è da discutere.
L’errore arriva nel secondo periodo di quel testo ed è grave soprattutto per il pensiero comune, non tanto per chi si occupa di scienza. La cosa più grave è che non viene avvertito come errore. Per questo motivo, poi, di errore ne genera un altro.
Vediamo il primo dei due.
«Crediamo che faccia freddo quando appena si rientra nelle medie del periodo, pensiamo che il caldo anomalo sia normale perché non lo percepiamo come tale»
L’errore consiste nel pensare che le nostre percezioni soggettive non siano dati. Invece lo sono. Mi era già capitato di scriverne.
Ricordando che la percezione è un’esperienza fisica e non mentale (anche se adesso va di moda usare “percezione” al posto di “impressione”), bisogna ammettere che non ce le diamo da soli, le percezioni: esse ci sono date dalla realtà in cui siamo immersi.
I dati si chiamano così perché sono “dati”, participio passato del verbo “dare”. Non li stabiliamo noi, non li decidiamo noi: sono lì… tanto che rimangono “dati” anche per gli atei, i quali non riconoscono nessuno che ce li abbia messi.
Se una persona sente freddo con temperature che rientrano «nelle medie del periodo» è perché il suo corpo avverte uno squilibrio, magari improvviso, tra le temperature di oggi e quelle che c’erano fino a ieri, durate tutto l’inverno perché El Niño era di nuovo in giro (anche se i media si sono ben guardati dal parlare). Il corpo non ha avuto tempo di abituarsi e sente la differenza in maniera più drammatica del dovuto. Anche questo è un dato, non è una fantasia. Non solo: esso ha ricadute molto più concrete rispetto alle misure, che sono convenzioni. Se ho freddo, cerco un maglione, non è che metto la camicetta di lino perché va d’accordo con le medie del periodo. Il fatto di avvertire freddo è un dato e ha delle ricadute oggettive sulla realtà, anche se lo avverto in maniera soggettiva.
.
Qualcuno dirà: Ma non si può costruire un modello scientifico sulle percezioni soggettive.
Verissimo. Per questo abbiamo inventato convenzioni come la scala di temperatura. La vita però non è costituita di modelli scientifici, che sono solo uno strumento per un determinato scopo; inoltre, le convenzioni arrivano fin dove arrivano, ma questo bisogna che lo spieghi con un esempio più terra-terra (letteralmente).
.
Nel Catasto agricolo e nei rilevamenti aerei, si usa misurare la superficie dei campi come proiezione al suolo dei limiti oggettivi del campo: siepi, fossi, recinzioni e così via. La proiezione al suolo è analoga all’ombra che si proietta a terra se metto un oggetto qualunque sotto una luce. Si decise di fare così per poter avere una base su cui calcolare le tasse (i catasti servono a questo) e i contributi PAC.
Ora, nella mia azienda c’è il campo che vedete in foto, quello a forma di rombo indicato dalla freccia rossa. Non so quanto si riesca a notare ma quel campo è bombato come un paraurti.
Campo Lungo e Pascolo Grande, febbraio 2o24
Se mettiamo un paraurti sotto una luce, l’ombra proiettata al suolo ha un’area minore della superficie effettiva del paraurti. Una prova facile, se siete del tipo sperimentale, consiste nel prendere una striscia di cartone, tenerla in mano sotto una luce in modo che sia curva e misurare la lunghezza dell’ombra. La lunghezza dell’ombra sarà minore della lunghezza della striscia, proprio perché essa è tenuta curva sotto i raggi. Ecco, la proiezione al suolo funziona allo stesso modo.
A misurarlo sulla foto, il mio campo misura un po’ meno di quattro ettari. Siccome però ci ho camminato sopra più di una volta, so benissimo che esso è più di quel che sembri in foto. Lo so innanzitutto con le gambe, non con le convenzioni tecnico-scientifiche. Chi lo ha lavorato, idem, lo ha capito con tutto il corpo, al di là dell’attrezzatura che misura le distanze (che peraltro su quel trattore non c’era).
Se avessi acquistato semente per meno di quattro ettari, cioè secondo la misura aerea, un pezzo di campo sarebbe rimasto nudo. Ne ho invece acquistata per cinque ettari ed era la quantità giusta.
Qualunque amministrazione tuttavia riconoscerà quel campo per un po’ meno di quattro ettari. È una convenzione comoda per tanti versi, ma NON quando bisogna calcolare la semente, perché la relazione tra semente e superficie è concreta, non è convenzionale. La convenzione arriva fin dove arriva, ma io devo spingermi oltre, almeno ogni tanto [1].
.
Ecco perché quell’errore è un errore: perché distrugge una certa relazione tra persona e realtà, dando importanza ai dati che rientrano in una convenzione e ignorando – o perfino irridendo – i dati che non vi rientrano. In questo modo si rende astratta la scienza, provocando a volte una reazione uguale e contraria (“La scienza è astratta, perché dovrei crederci? Preferisco credere a quel che mi garba”).
Per questo motivo, il primo errore genera un secondo errore, ben illustrato dalla conclusione del periodo:
…. e quando si presenta una fase fredda allora il riscaldamento globale non esiste. Diamo importanza alle sensazioni e ragioniamo con la pancia. I dati, intanto, continuano a tracciare la strada per chi ha voglia di capire e di riflettere.
.
Questo particolare genere di spocchia (“ragioniamo con la pancia”, “chi ha voglia di….”) si chiamerebbe con più precisione SDV, Sindrome del Detentore di Verità. Si avverte il dolore di chi ha delle conoscenze oggettive e non riesce a convincere le persone della loro verità. Solo che l’atteggiamento è sbagliato: con quel piglio non sarà mai possibile convincere nessuno.
E, terzo errore, con quel piglio non si aiuta una società ad affrontare i cambiamenti che ha davanti.
Se tutti quelli che capiscono qualcosa di qualcosa trattano gli altri da “popolo bue”, non solo si condannano a una frustrazione perenne (da cui la SDV) ma le loro conoscenze non servono a niente e a nessuno.
**********
[1] Quando si cominciò a usare le foto aeree, nei primi anni Duemila, gli agricoltori erano elettrizzati nel vedere i loro campi dall’alto. Quando però cominciammo a misurare le superfici con le foto aeree, tutti quelli che avevano dei terreni in pendenza, misurati da agronomi e geometri, scoprirono di avere meno terra di quanto pensassero e cominciarono le beghe. In realtà non è che ne avessero di meno, le misure dei professionisti erano corrette; ma la convenzione che si era deciso di impiegare per calcolare i nuovo contributi per il sostegno al reddito (2005) prevedeva che, per comodità dell’amministrazione, data la mole di dati, si usassero le foto aeree e quindi le proiezioni delle superfici. Solo che ci è voluto un po’ per farlo accettare. Io comunque il contoterzista l’ho pagato per cinque ettari, così come ho preso semente per cinque ettari. In genere la convenzione si riflette anche sulle tariffe dei lavori (più è scomodo, più paghi), ma il Pascolo Grande è un caso speciale che meritava un trattamento speciale.