Le parole sono importanti, la democrazia anche (ma guarda se devo dirlo io)

La sentenza della Corte Suprema non cancella il diritto all’aborto negli Stati Uniti, come si affannano a dire certi telegiornali; e infatti la sua reale importanza non è questa.

L’importanza di quella sentenza sta invece nell’affermare che il governo federale non può permettersi di dire agli Stati, e quindi ai rappresentanti eletti dal popolo, come devono legiferare. L’aborto non ha alcuna base nella Costituzione americana, quindi non è qualcosa che il livello federale possa imporre ai livelli statali, tanto meno per via giudiziaria.

Eppure la notizia è data in tutt’altri termini. Continua a leggere “Le parole sono importanti, la democrazia anche (ma guarda se devo dirlo io)”

Cattivi argomenti per l’elezione diretta del nostro Presidente

Da vari anni qualche parte politica (Fratelli d’Italia e Forza Italia, come minimo) chiede che il Presidente della Repubblica Italiana sia eletto direttamente dal popolo.

Attualmente l’elezione è indiretta: sono i rappresentanti del popolo, ossia il Parlamento e i delegati delle Regioni, ad eleggere il Presidente. Coloro che sono stati eletti direttamente eleggono il Presidente, che quindi è eletto indirettamente dal popolo. Be’, lo sarebbe se i “rappresentanti” rappresentassero il popolo per davvero, ma ora non pensiamoci.

(Formalmente comunque non si dice che l’elezione del Presidente è indiretta; questa è la logica della faccenda, poiché la sovranità appartiene al popolo eccetera, ma non è la sua esposizione formale nella Costituzione.)

In questi quattro giorni di votazioni a vuoto, seguitissime dalle reti televisive, il tema dell’elezione diretta si è ripresentato da varie parti e con vari argomenti a sostegno, rendendo chiara la quota sempre esorbitante di amanti dell’apparenza che esiste nel nostro popolo. Continua a leggere “Cattivi argomenti per l’elezione diretta del nostro Presidente”

Eh, niente dictator

Credo sia finita in pattumiera l’idea indecente di un “governo dei migliori”. Ho sentito a un tg che Berlusconi ha dichiarato che sosterrà il governo Draghi se, come crede, farà del bene al Paese; mi sapeva tanto di entusiasmo raffreddato.

Speravo fosse finita in pattumiera anche l’idea di “quote rosa”. Venerdì sera, infatti, a qualcuno che faceva notare come il PD non avesse nemmeno una donna come ministro, un uomo non certo di destra1 ha replicato che lui, se fosse una donna, troverebbe offensivo vedersi affidare un incarico per il solo fatto che è una donna. (Perfettamente d’accordo, anzi, più che offensivo io penso che sia stupido; ma io sono una donna.) Disgraziatamente, il PD ha già fatto sapere che sceglierà donne per i sottosegretariati.

Temo invece che non sia sparita un’idea che odio da quasi tutta la vita: che gli italiani non siano adatti alla democrazia ma solo alla dittatura.

Nei giorni in cui il presidente incaricato faceva le sua consultazioni, l’idea che “ora finalmente arriva Lui e mette tutto a posto” serpeggiava e strisciava in quasi tutti i discorsi dei commentatori; diciamo nel 98% dei casi. E il sabato mattina sono rimasta molto sorpresa nel vedere sottolineato con approvazione che “è stato rispettato alla lettera l’articolo 92 della Costituzione”.

A parte che la lettera uccide (non mi pare il caso, stavolta), fino a due settimane fa si sarebbe piuttosto sottolineato con approvazione il contrario: anche se noi non eleggiamo il Presidente del Consiglio e non scegliamo i ministri, la ragionevolezza richiede che questi siano rappresentativi della volontà degli elettori. Mentre scrivevo l’articolo sul governo non eletto dal popolo, avevo sempre il timore di scrivere falsità formalmente corrette.

In definitiva, mi pare che molti siano rimasti delusi dalla composizione del nuovo governo. Conseguenza: commenti acidi oppure elogi smodati, che comunque nascondono la delusione.

Ma dunque il dictator chi lo vuole, “gli italiani” oppure “alcuni italiani”?

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Nota. Il dictator era un magistrato speciale della Roma repubblicana che veniva scelto dai consoli per risolvere problemi gravissimi e pericolosi, aveva autorità assoluta per farlo, ma aveva un tempo limitato a sei mesi. In senso figurato, si cominciò a chiamare così (in inglese lo fa già Milton) chi esercitava un’autorità assoluta nel proprio ambito e, per estensione, da questo significato figurato nacque il significato moderno di “dittatore”. Credo che il primo dittatore moderno sia stato Oliver Cromwell quando si fece nominare Lord Protettore.

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1Giampiero Mughini a Paola Concia, Stasera Italia, venerdì 12 febbraio 2021.

Il “governo eletto dal popolo” è un equivoco o una mistificazione?

La parola “mistificazione” è un acquisto recente nella nostra lingua: lo Zingarelli la data al 1835 e proveniente dal francese. Si usa per indicare un particolare tipo di inganno, cioè l’interpretazione deformante di qualcosa. Nello Zingarelli, questo è il secondo significato; il primo è “imbroglio” o “inganno”, semplicemente; il Treccani non è dello stesso parere.

mistificazione
[fr. mystification, da mystifier ‘mistificare’; 1835]
s. f.
1 Inganno, imbroglio.
2 Interpretazione tendenziosa e deformante; SIN. Travisamento.

Normalmente, se diciamo “mistificazione”, tutti intendono che si tratta non di un semplice inganno ma di un inganno per cui qualcosa viene raccontato in una certa maniera per suscitare una certa opinione.

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Il termine “equivoco” invece è molto più antico ed è… equivoco; quando è aggettivo, infatti, un suo sinonimo è “ambiguo”. Qui però parliamo del sostantivo. sbagliata che può derivare da un errore compiuto in buona fede, per sciatteria o poca accortezza, ma che potrebbe anche essere dovuta a ignoranza o presunzione.

equivoco
[vc. dotta, lat. tardo aequivocu(m), comp. di aequus ‘uguale’ e vox, genit. vocis ‘voce’ sul tipo del corrispondente gr. homonymos; 1363]

A agg. (pl. m. -ci)
1 Che si può intendere in modi diversi: frase, risposta equivoca; parole equivoche; SIN. Ambiguo | Rima equivoca, formata da parole di egual suono e di diverso significato.
2 (fig.) Che desta sospetto: condotta equivoca | Di moralità incerta: personaggio equivoco | Malfamato: locale equivoco | Condizione equivoca, di chi vive con mezzi oscuri, loschi. SIN. Ambiguo, dubbio, losco.
|| equivocamente, avv.

B s. m.
1 Interpretazione erronea: a scanso di equivoci, ascoltatemi con attenzione; cadere in un equivoco | Confusione, errore: dare adito a equivoci | (est.) Ambiguità, malinteso: abbiamo chiarito ogni equivoco.
2 †Tipo di metafora.

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In politica girano varie mistificazioni. Una, per esempio, è la presunta significatività delle elezioni europee rispetto a quelle nazionali, o anche delle locali rispetto alle nazionali, che di recente sembra essersi un po’ sgonfiata.

Un’altra è la faccenda del governo eletto dal popolo. Questa, però, fa nascere la domanda: si tratta di una mistificazione o di un equivoco?

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Vediamo i fatti.

Noi siamo una democrazia parlamentare.

Il nostro popolo NON elegge il governo. MAI.

Men che meno elegge il capo del governo, vale a dire il Presidente del Consiglio dei Ministri (chiamarlo “premier” o “primo ministro” non è proprio roba nostra).

Ma per la verità il governo non lo eleggono neanche gli altri popoli.

Semplicemente non esiste un governo eletto dal popolo, a parte in conventi e monasteri e neanche tutti. In politica ha smesso di esistere da quando si è smesso di fare le riunioni sotto i tigli, cioè da molto molto tempo.

Ciò che il popolo elegge sono dei rappresentanti. Almeno in teoria.

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In Italia questo è particolarmente chiaro, perché la nostra è una democrazia parlamentare e non presidenziale.

Come mai i Presidenti della Camera e del Senato rimangono gli stessi anche se il governo cambia? Per questo, appunto: perché noi votiamo i rappresentanti che andranno in Parlamento, non votiamo il governo; il Parlamento è indipendente dal governo, mentre il contrario non è vero. Ok, lo ammetto: dovrebbe essere così, in teoria è così. Restiamo alla teoria.

Il o la Presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, il o la Presidente della Camera è la terza carica dello Stato. Non dipendono dai governi, anche se non sono eletti direttamente ma indirettamente (sono eletti a fare i parlamentari, non a fare i presidenti).

La prima carica ovviamente è il Presidente della Repubblica ed è lui, in un certo senso, a scegliere il governo:

ART. 92, Costituzione della Repubblica Italiana

Il Governo della Repubblica è composto
del Presidente del Consiglio e dei ministri,
che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica
nomina il Presidente del Consiglio dei ministri
e, su proposta di questo, i ministri.

Ci si vede forse un accenno al fatto che il governo sia eletto dal popolo? No.

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È abbastanza logico tuttavia che, se un partito ha la maggioranza in Parlamento, il Presidente della Repubblica scelga al suo interno la persona da incaricare: altrimenti il governo non sarebbe poi così rappresentativo. Il governo deriva dal Parlamento, ma lo sceglie il Presidente della Repubblica, che ha pure un certo potere sulla scelta dei ministri.

Ciò che noi italiani facciamo quando votiamo, dunque, non è scegliere il governo: il popolo sceglie i suoi rappresentanti votando persone o partiti. Sempre teoria, intendiamoci.

Che il governo non sia eletto dal popolo è vero anche negli altri tipi di repubblica.

Negli Stati Uniti, per esempio, è forse il popolo ad eleggere il governo? No, il popolo sceglie (più o meno) il Presidente degli Stati Uniti e sceglie i propri rappresentanti al Congresso, che è il Parlamento degli Stati Uniti. Il governo poi è costituito da persone scelte dal Presidente. Con il presidente Donald Trump questo dovrebbe essere stato ben illustrato, visto che cambiava ministri quasi come altri cambiano abito. Anche il presidente Biden, però, sceglierà il proprio governo senza che il popolo abbia voce in capitolo.

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Torniamo alla domanda: il “governo eletto dal popolo” è un equivoco oppure una mistificazione?

C’è chi pensa che sia un equivoco terminologico, generato dall’esistenza del bipolarismo, dal quale nacque una prassi di scelta del governo che si è poi consolidata, come si può leggere seguendo il link (l’articolo è del 2016). Secondo questa posizione, l’espressione “governo non eletto” o “premier non eletto” sarebbe solo un’espressione che sintetizza quella prassi, la quale ha una sua logica, anche se l’espressione in sé è tecnicamente scorretta.

C’è anche chi pensa che sia una mistificazione. Io, per esempio. Anche se fosse nata come equivoco, continuare a utilizzarla presuppone mens rea: la volontà di far male, insomma. Non dico che sia un inganno voluto per raggiungere chissà che scopo malvagio, però è un inganno di carattere comunicativo e non fa bene alla nostra democrazia. C’è un bel po’ di cose anche peggiori che non fanno bene alla nostra democrazia, ma questa rientra nel mio campo di interesse.

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Ora, questa particolare mistificazione è molto diffusa e propagandata dal centrodestra. Perché?

Per un motivo molto semplice: il centrodestra le elezioni le vince, il centrosinistra no, come sottolineò Paolo Mieli mesi fa (neretto mio):

A differenza di quel che è accaduto e accade in tutto il mondo – quantomeno nei Paesi in cui si tengono vere elezioni – da noi, in settantacinque anni, non è mai successo che la sinistra sia andata al potere in seguito a una vittoria elettorale. Con l’unica eccezione del 21 aprile 1996 quando vinse l’Ulivo con Romano Prodi. Eccezione Prodi a parte, la sinistra è sempre andata al governo grazie a manovre parlamentari giustificate dalla necessità di far fronte a emergenze.

— Paolo Mieli, “La nuova maggioranza: a sinistra dilemmi e rinunce”, Corriere della Sera 2 settembre 2019

Il centrosinistra non impiega la mistificazione del “governo eletto dal popolo” perché questo tipo di elezione non fa parte della sua esperienza elettorale. Sarebbe come darsi la zappa sui piedi, azione che richiede di essere piuttosto maldestri; nessuno di loro è così “sdatto”, come si dice tra qui e Arezzo.

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Aggiornamento 29 gennaio 2021. È bello scoprire ogni giorno cose nuove o precisare la conoscenza di quelle vecchie. Un’intervista a un politico di lunghissimo corso mi ha offerto, oggi, entrambe le cose.

Come dicevo, non avrebbe molto senso se il Presidente della Repubblica scegliesse il governo al di fuori dei parlamentari eletti.

In nessuna democrazia parlamentare si consegna la guida del governo ad una persona non eletta. È vero, c’è il precedente di Ciampi (1993-94, ndr), ma l’ex governatore di Bankitalia aveva un’esperienza di politica economica e di politica tout court non di poco conto. Va però detto che da quella nomina è iniziato l’arretramento della politica nella guida della società italiana. E altri poteri l’hanno sopravanzata.

C’è da dire che anche i governi dei “premier non eletti” sono perlopiù costituiti da ministri eletti, inclusi i due governi Conte, ed è questo che rende mistificazione l’argomento del “governo non eletto dal popolo”, nonostante che esso abbia, come si vede, delle solide basi politiche.

Non è tutto qui, però; ed ecco una cosa nuova a cui non avrei mai pensato da sola:

Non abbiamo toccato l’ipotesi di un governo tecnico, ma mettiamoci anche la formula istituzionale. Mattarella ci sta pensando.

Mi fa venire in mente ciò che disse Guido Carli quando fu invitato da Andreotti ad assumere la guida del Tesoro (1989, ndr). Accettò, ma pose una sola condizione: che gli altri due ministri finanziari fossero politici.

E perché?

Glielo chiese anche Andreotti. Da tecnico – gli rispose Carli – ti dico che il governo dei tecnici o è un’illusione, o è un’eversione.

SCENARIO/ Pomicino: Guido Carli e Andreotti “smontano” il piano del Colle, intervista a Paolo Cirino Pomicino, IlSussidiario 29.01.2021

Vale la pena leggerla tutta, perché ci sono molte osservazioni interessanti e anche fondamentali (nel senso che riguardano i fondamenti del nostro sistema politico) fatte da un uomo che ha vissuto di persona mezzo secolo di politica italiana repubblicana. 

 

Ci sono leggi e leggi

È prova sufficiente del fatto che non siamo uno stato essenzialmente democratico il fatto che stiamo sempre a chiederci che ne faremo dei poveri. Se fossimo democratici, ci chiederemmo che ne faranno i poveri di noi.

Da noi la classe di governo sta sempre lì a dirsi: “Che leggi facciamo?”. In uno stato puramente democratico starebbe sempre a chiedersi: “A quali leggi possiamo obbedire?”. Continua a leggere “Ci sono leggi e leggi”