Cultura, culture, persone

Alcuni uomini (due o più) armati di kalashnikov e lanciarazzi hanno fatto irruzione nella sede di un settimanale satirico di Parigi e hanno ucciso undici persone, a quanto se ne sa finora. Poi sono fuggiti. Ci sono anche dei feriti. Sembra che il drappello abbia voluto “vendicare il profeta Maometto” (parole loro, registrate) perché la rivista aveva pubblicato una vignetta satirica su di lui. Il presidente Hollande si è recato subito in loco e ha definito l’accaduto un atto di terrorismo.

Ha anche fatto appello all’unità di tutti, e non solo lui – il che implica che c’è almeno l’ombra di sospetto che i francesi possano dividersi sull’argomento: magari qualcuno potrebbe venir fuori a dire che i due poveretti hanno avuto un’infanzia disgraziata. Ma queste casomai son beghe dei francesi. A me è venuta in mente un’altra cosa.

Noi occidentali in quanto tali, comunque la possiamo pensare (cattolici, atei, agnostici, quel che volete),  non ci metteremmo mai a sparare a qualcuno perché ha pubblicato una vignetta satirica; se qualcuno lo facesse, penseremmo che è uno squilibrato, uno psicopatico, un folle. Per quanto potessimo pensare che certe vignette sono indice di notevole incapacità umoristica e di totale mancanza di rispetto per gli altri e per ciò in cui credono, nessuno di noi penserebbe, o giustificherebbe, che vada bene prendere a fucilate gli umoristi scadenti e gli intolleranti che si mascherano da liberal. Io non sono il tipo che fa di tutta l’erba un fascio, anzi: ma il fatto è che noi occidentali in quanto tali siamo un certo tipo d’erba, per mantenere l’immagine. Siamo quel tipo d’erba e va bene fare il fascio.

I musulmani sono un altro tipo d’erba. Non è questione di essere buoni o cattivi nel cuore. Non è neanche questione soltanto di quel che sta scritto nel Corano: se anche solo una parte del Corano è uguale alla Bibbia, ci si può trovare tutto e il contrario del tutto trovato. Il problema non è il libro che leggi, il problema è l’esperienza umana che segui.

Per restare in tema, se una data cultura impedisce un certo tipo di comunicazione nei posti in cui si è potuta affermare liberamente, come si fa a pensare che possa cambiare solo sbarcando altrove? Ci credo che è fallito, il multiculturalismo francese.

Mi è sempre piaciuta tanto la definizione che don Giussani dava della cultura: coscienza critica e sistematica della realtà.

È “critica” perché deve passare al vaglio ogni cosa; quanto alla sistematicità, è un presupposto necessario per individuare una cultura (non è cultura il ghiribizzo che ti viene la mattina appena alzato).

E “coscienza”? La coscienza sta nella persona.

Le persone cambiano, non le culture. Le culture, le civiltà, i popoli non possono cambiare se non cambiano le persone.

Le persone come fanno a cambiare?

cultura o (raro) coltura
[vc. dotta, lat. cultura(m), da cultus ‘culto (1)’; 1308]
s.f.
1 Complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti tecnici, tipi di comportamento e sim., trasmessi e usati sistematicamente, caratteristico di un dato gruppo sociale, di un popolo, di un gruppo di popoli o dell’intera umanità: si può descrivere una data cultura da molti punti di vista diversi; i vari aspetti della cultura moderna; la diffusione della cultura | Cultura materiale, l’insieme delle realizzazioni e delle attività tecniche, pratiche e lavorative di un popolo o di un dato gruppo sociale | (per anton.) Il complesso delle tradizioni scientifiche, storiche, filosofiche, artistiche, letterarie di un dato popolo o gruppo di popoli: la cultura orientale, europea, francese. SIN. Civiltà.
[…]

 

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